Il marketing ai tempi del coronavirus

Partiamo dalla crisi che stiamo vivendo. Crisi sanitaria, crisi economica e sociale.
Crisi: dal greco “scelta” , “decisione”.

Ecco: noi dobbiamo “decidere”, sulla base del dramma che stiamo vivendo , cosa e come cambiare.
Cosa cambiare del nostro modo di vivere e, soprattutto, di produrre.
Perché se di una cosa dobbiamo essere certi è che questa pandemia non è che un tassello di una più ampia crisi ambientale.
Ci obbliga a rivedere, con urgenza, il nostro modo di rapportarci con l’ambiente, con la natura.
“…questo virus – ha scritto la scienziata Ilaria Capua– dimostra come la nostra esistenza sia indissolubilmente legata alla terra e alle sue leggi naturali”.
Riparametrare il nostro modello economico sui valori di rispetto per l’ambiente, considerando la natura non “ vacca da mungere” ma la nostra casa comune, la madre di tutti noi.

Tutto ciò richiama il sistema produttivo ad una nuova più grande responsabilità.
Un nuovo marketing dovrà accompagnare questo nuovo modo di fare economia.
Un marketing che definiremo “umanistico”: che ponga al centro l’uomo, l’etica, la solidarietà e la responsabilità sociale.

Le aziende dovranno costruire nuovi “racconti” per essere convincenti.
I prodotti dovranno essere pensati e realizzati all’interno di “economie circolari”, sapendo che avremo a che fare con clienti-cittadini sempre meno sensibili a quei richiami consumistici-egocentristi che hanno segnato fin qui un’espansione economica esasperata.

La comunicazione aziendale, con tutti i suoi diversi strumenti, dovrà essere finalizzata a trasmettere chiaramente e coerentemente quali sono i valori su cui poggia l’attività dell’azienda .
Dovrà “comunicare qualcosa” prima di “offrire qualcosa”.
Solo così potrà portare quel messaggio forte, identitario, capace di generare fiducia, empatia tra l’azienda e il suo cliente.
Abbiamo bisogno di un marketing che faccia vendere, certo, ma che non dimentichi mai di ricordarci quale è il nostro futuro.

Sergio Paolin
CEO Arbos